Obatalà, padre degli Orisha |
Shangò cessò questa manifestazione di affetto e si alzò per preparare una birra con le stesse sei erbe che aveva usato prima per curare Asowano.
Una volta che Obatala ebbe bevuto la miscela di erbe, la sua memoria tornò. Obatala ricordò ciò che era accaduto, anche la sua forza tornò e si sentì sano e forte come prima. Era pronto a riprendere il suo posto come Re degli Orisha. Fu in questo istante che l'amore paterno nacque (io direi che si ripresentò) sulla terra. Grazie a Shangò l'amore di un padre per un figlio e l'amore di un figlio per un padre sono diventati noti sulla terra.
Con mente chiara, Obatalà disse a Shangò quello che già sapeva da Dadà, ma Shangò assecondò suo padre e ascoltò attentamente. Mentre ascoltava la storia, il suo odio si è rianimato ancora una volta verso Oggun. Obatala raccontava a Shangò della nascita di Orula, della sua condanna e di come aveva chiesto a Laroye di seppellire il fratello.
Obatala non aveva bisogno di nessuno che gli dicesse l'origine di Shangò, poiché sapeva perfettamente il momento in cui lo aveva visto e dove (nella corte di Oloddumare, prima di scendere sulla terra).
L'amore che questi due Orisha provano l'uno per l'altro è durato nel corso dei secoli e Shangò è stato in grado di ricevere da Obatala più cose di qualsiasi altro Orisha.
Shangò intercede in favore di Orula
Shangò vide l'umiltà e la gentilezza –per non parlare della purezza– del vecchio di fronte a lui. Quindi gli chiese cos'era successo a suo fratello Orula. Obatala rispose che Orula era stato portato via e seppellito molto tempo fa e gli dispiaceva per come aveva reagito.Shangò ne approfittò per dire a Obatala la verità: Laroye aveva portato Orula nella foresta ma non lo aveva seppellito completamente nel terreno, ma solo fino alla cintura e che Araba si era preso cura di lui sin da allora. Inoltre, Laroye gli aveva portato da mangiare tutti i giorni. Ma era giunto il momento di un cambiamento e di un perdono, Orunmila non poteva più vivere in questo modo. Obatala chiese a Shangò quale sarebbe il suo consiglio e Shangò rispose che Obatala avrebbe dovuto dare a Orula i mezzi per vivere e prendersi cura di se.
Obatala rifletté a lungo su questa situazione. Vide che Shangò era giusto e un uomo buono. Così Obatala rispose a Shangò che a causa dell'interesse dimostrato per Orula, lui stesso avrebbe avuto il compito di dare a Orula i mezzi per vivere. Quindi Shangò decise di dare a suo fratello l'arte della profezia e l'oracolo di Ifà, proprio quelli che lui aveva portato con se sulla terra, in questo modo Orula avrebbe potuto predire il futuro degli abitanti del regno e intercedere per loro. Ed è stato qui quando Shangò insegnò suo fratello l'arte del Ekuele e del Tablero (vassoio) di Ifà e da allora con essi i Babalawo consultano la volontà di Oloddumare e degli Orisha.
Obatala aveva raccontato a Shangò tutto ciò che era accaduto sin dalla sua scoperta degli orrori che accadevano in sua assenza. Shangò provava un tale odio per Oggun che giurò a suo padre che avrebbe reso miserabile Oggun e avrebbe vendicato tutto il male che Oggun aveva causato. Obatala cercò di calmare Shangò sperando di fermare questa sete di vendetta, ma il vecchio sapeva che era una missione senza speranza. L'odio che Shangò espresse per Oggun fu grande. Non appena Shangò lasciò il palazzo di Yemaya e Obatala, iniziarono le sue battaglie con Oggun.
Il regno aveva attraversato molti anni violenti e sanguinosi in cui tutti hanno sofferto e sentito molta tristezza. La violenza aveva raggiunto proporzioni tali che Obatala doveva interferire. Aveva convinto Shangò a fermare i suoi attacchi contro Oggun e quindi di obbedire alla sua richiesta di pace. Ma questa tregua durò solo per un po', la semplice menzione del nome Oggun sarebbe bastata per infiammare ancora una volta la sete di vendetta.
Le storie dei Yoruba raccontano che le prime battaglie tra questi due orisha produssero i primi terremoti sulla terra e ogni volta che si incontrano in battaglia la terra inizia a tremare ancora una volta.
Nota: Oggi non è molto noto ma durante la colonia spagnola a Cuba e la schiavitù, i sacerdoti di Shangò leggevano l'oracolo di Ifà e facevano uso di Ekuele e Tablero (vassoio) esattamente come fanno oggi i Babalawos. Questa tradizione è andata persa per riadattamento culturale e per mancanza di preparazione. Mio bis bisnonno si chiamava Pedro Juan Navarro Solas, era sacerdote di Shangò ed era conosciuto come "soy, quiero y tengo" o come Juan Shangò, abitava nel quartiere Buenavista a Cienfuegos, a Cuba. Nel sup processo iniziatico è rimasto chiuso nel "trono" o "stanza dei misteri" per più di un anno, quando è uscito faceva uso di tutti gli oracoli menzionati. Inoltre era posseduto da tutti gli orishas di cui era sacerdote e non da un solo Orisha come si vuole oggi. Quando festeggiava i suoi orishas e Araba a dicembre, rimaneva in trance per quattro o cinque giorni, ognuno dei suoi Orisha veniva alla terra per "stare" tra i loro figli. Il penultimo a venire era sempre Oggun. L'ultimo a venire era Shangò, che ogni volta si lamentava dello stato pietoso in cui Oggun gli consegnava suo cavallo. E non era santo "parado" come potrete immaginare, Juan Shangò aveva ricevuto queste incoronazioni in igbodù da parte di neri schiavi. Ancora oggi esiste la sua Araba di Juan Shangò, e quando la si saluta (con un abbraccio) si sente l'energia di tutti gli orisha che riposano tra i suoi rami.
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