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Ashè: mistero e forza vitale degli Orisha

Cos'è questo misterioso Asè o ashè di cui si parla nella Santeria? La parola  ashè  è il nome dato dal popolo Yoruba alla forza vitale, l'alito divino. Così è la forza invisibile e la forza magica sacra di tutte la divinità, di tutti gli esseri animati, di tutte le cose. Non appare spontaneamente, ha bisogno di essere trasmesso. Qualsiasi cambiamento di realizzazione esistente dipende dall'ashè. E, in termini di forza, obbedisce ad alcune leggi: È riassorbibile, lavorabile, cumulabile e soffre i danni dell’usura. Si trasmette attraverso alcuni elementi materiali, certe sostanze. Una volta trasferite da queste sostanze a esseri o oggetti, il potere di realizzazione viene mantenuto e rinnovato. Può essere applicato a vari scopi. Le sue qualità variano a seconda delle combinazioni di elementi di cui sono costituite e che questi a loro volta sono portatori di una certa carica, di una particolare energia che le conferisce un certo potere di realizzazione. L'ashè dell' Or

Ayao, la sorella di Oya

Collana rituale di Ayao Ayaò si trova in quella categoria di orisha molto esclusivi. Speso la ricevono i figli diretti di Oya, sua sorella maggiore, e non tutti. Trovare un sacerdote di questa divinità e tanto speciale come trovare un sacerdote di Osain che non sia stato iniziato al culto di Orunmila: gli oloshas. Si dice che Ayaò sia figlia di Oduduwa ed è cresciuta insieme a Bromu. Lavora a stretto contatto con Osain e Iroko ragione per la quale ha un potenziale immenso quando si tratta di stregonerie e facoltà magiche. La si trova tra gli alberi o nei rami di Iroko (un albero magico africano), oppure nel occhio di un tornado, sempre in alto quasi come se volesse toccare le nubi. I suoi segreti si custodiscono dentro ad un zuppiera che va tenuta in alto, sopra un mobile, oppure sospesa per aria con delle catene. Sembra misterioso ma chi ce l’ha capisce perché non dovrebbe toccare mai terra: tutte le sue cerimonie vanno realizzate sopra di un tavolo. Come sua sorella, Aya

Shango e il mistero del pipistrello

Shangò vuole un pipistrello. Con questa frase mio padrino sintetizzò il messaggio della divinità del fuoco e della allegria il giorno in cui fui iniziato al suo sacerdozio. Subito non capì il senso di questa richiesta magica. Non potevo comprarlo in negozio e metterlo in casa come si fa con un cane o un pappagallo. Avrei dovuto cercarlo non so dove, preferibilmente già deceduto e poi farlo essiccare in taverna come si fa coi salami. Dove lo trovo questo pipistrello? mi domandavo. E un bel giorno, come speso succede in questi casi, arrivò mio padrino con un esemplare secco di quasi 10 centimetri con le ali chiuse che era rimasto intrappolato tra le tegole di casa sua. Ora ricoprilo di perline e poi glielo metterai nella sua batea –mi disse.  Ricoprirlo di perline rosse e bianche mi tenne occupato per quasi cinque giorni. Ancora non sapevo cosa mi avrebbe dato in cambio Shangò. Ma quei giorni di lavoro con ago, filo e tanta pazienza mi fece pensare alla simbologia di questa crea