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Oya: Ipocrisia, falsità e tradimento; i falsi amici

Oyà, l'orisha del vento, della scintilla e dei cimiteri, è avvolta nel mistero più grande in questioni d'amore.

Oyà, l'orisha del vento, della scintilla e dei cimiteri, è avvolta nel mistero più grande in questioni d'amore. Da tutti è risaputo che il suo grande amore è Shangò, l'orisha del fuoco e della mascolinità e che insieme a lui fanno una coppia invincibile. Quindi sappiamo soltanto cosa ha fatto con lui e per lui. Ma quando qualcuno che non sia Shangò ha minimamente cercato di corteggiarla, ha pagato a caro prezzo il suo affronto. E non mancano leggende che dicano cosa faccia quando un'uomo la desidera, come quella che si racconta nel Oddun Osa tonti Unle (9-8), dove la morte è diventata la sua schiava.

Alcune leggende narrano che Oyà, come una mantide religiosa, uccideva i suoi amanti dopo una notte d'amore: nessuno avrebbe potuto raccontare come era questa bellissima dea. E ancora oggi si dice:  "puoi amare così tanto una figlia di Oyà da morire per lei..." E non scherzo quando dico che le sue figlie, nella stragrande maggioranza, diventano vedove.

Ma questa dea così drammatica e tragica (ricordiamo che lei è l'uragano) è specializzata nello smascheramento dei traditori, dei falsi amici, dei doppi fini. É capace con il suo acume e notevole celerità di capovolgere le situazioni in questioni di secondi e disarmare il più potente nemico. Non a caso il suo Oddun rappresentativo è Osà (9) e viene simboleggiato da una foglia che viaggia nel vento, esattamente come il destino di una persona. Chiunque sia dominato da questo Oddun, è tutelato da questo Orisha maestoso e capace di radere al suolo intere nazioni con le sue raffiche di vento.

Scopriamo insieme come Oyà rese Morte la sua schiava. Dopo andremo all'analisi interpretativo della leggenda.

Oya, Iyansa, orisha del cimitero e del vento

Come Oyà rese Morte la sua schiava

Leggenda di Osa tonti Unle (9-8)

Osà lofogbeyò

Olofin ebbe una figlia di nome Oyá, molto bella, che era diventata una bella signorina. Era così bella che la Morte (Ikú) si innamorò di lei. Arrivando al punto che si presentò davanti il trono di Olofin e la chiese in matrimonio. Olofi rimase stupito che la Morte chiedesse alla figlia come sua moglie, e disse: «Va bene, ma mi prometti di portarmi cento teste come dote; poi ti darò mia figlia».

Ikú, che era un uomo astuto, si disse: "Cento teste?, meglio fare una proposta a Olofi che vada a mio vantaggio". E disse a Olofin: “Come mai dai tanto valore a cento teste? Lo sai bene che c'è un uomo che vale molto di più, lui da solo vale di più di tutti gli altri cento". Olofin rispose: "Di quale uomo mi stai parlando?" E Ikú rispose: "Ighí". Quindi poiché Olofin sapeva che Ighí era un uomo che adempiva ai suoi doveri e che faceva sempre i sacrifici che gli Osha gli chiedevano, accettò la proposta di Ikú

Ikú andò alla ricerca di Ighí e incontrò Abó, gli raccontò del suo colloquio con Olofin e gli disse: "Se mi aiuti in questo, ti assicuro che non morirai mai". 

Non morire mai? Abó accettò immediatamente e chiamò Ogá, e gli disse: «Tu che sei il mio inseparabile amico, ti chiedo di farmi un grande favore». Ogá rispose: "Sì, certo!" "Beh, disse Abó, vai a casa di Ighí e dato che è nostro amico, fai in modo di portalo qui. Ti prometto che non morirai mai, perché se riusciamo a portarlo da Ikú, saremo entrambi al sicuro".

Ogá andò a casa di Ighí e quando arrivò era così tardi che già a letto. Ogá bussò tre volte alla porta, ma Ighí era stato avvertito dagli Osha di non aprire la porta a nessuno dopo essere andato a letto. 

Ogá suonò di nuovo e Ighí chiese: "Chi è?". Ogá rispose: "Sono il tuo amico Ogá, aprimi la porta per piacere", e Ighí gli disse: "Non posso, sono già a letto."

Poiché Ighí non voleva aprire, Ogá è tornato da Abó a mani vuote. Abó si arrabbiò quando seppe del fallimento di Ogá, poi siccome Abó sapeva che a Ighí piaceva in modo smisurato il cocco, prendendone uno, andò lui stesso a casa di Ighí e bussò alla sua porta. Ighí gli rispose allo stesso modo in cui aveva risposto a Ogá: "Sono sdraiato a letto, è troppo tardi". Poi Abó gli disse: "Non devi aprirmi tutta la porta, puoi tenerla socchiusa, così puoi vedere cosa ti ho portato", e gli mostrò la noce di cocco. Quando Ighí aprì un po' la porta e allungò la mano per prendere il cocco, Ogà lo afferrò al collo, lo fece cadere e lo gettò in un sacco, poi Abò se lo mise in testa e partì per incontrare Ikú.

Ma Oyà che sapeva già cosa stava succedendo, si nascose e quando vide passare Abó con Ighí nel sacco, mandò il vento e si formò un vortice che catturò Abó. Così Oyá ha colto l'occasione per far uscire Ighí, e nel frattempo introdusse le sue nove maniglie nel sacco di Abó. Una volta sparito il vortice d'aria Abó riprese il sacco e continuò ad incontrare Ikú, che stava aspettando in un luogo segreto. Solo che Ikù udì ancora il suono del vento e faceva un verso che era questo:

Eri modá modá fitiguó unu nunún

Ikú era spaventato e scomparve dal suo nascondiglio. Nel frattempo Abó corse via impaurito, passando davanti alla casa di Olofin, il quale vedendolo e sospettando che stesse succedendo qualcosa, disse alle sue guardie:

"Abó firolo firolo bale, abó firolo"

"Prendetelo, prendete Abó, ha fatto qualcosa di sbagliato quando è così spaventato."

Lo presero e quando portarono Abó alla presenza di Olofin, chiese che gli raccontasse cosa era successo. Quando ebbe finito di parlare, Olofin ordinò a Ikú, Ogá, Ighí e Oyá di presentarsi al suo cospetto. Quando li ebbe davanti disse loro: «Ikú con brutti modi avete voluto realizzare ciò che altrimenti vi sarebbe stato impossibile, perciò vi condanno. Tu, Morte, d'ora in poi non avrai amici, proprietà, casa, né qualsiasi cosa e che non sarai mai il benvenuto da nessuna parte. Possa tu vagare ovunque, per tutta l'eternità nella tua vera forma, ossa e nient'altro." 

Poi rivolgendosi al agnello continuò:" Abó, tu che hai tradito il tuo migliore amico, per volere la vita eterna, sarai il primo a morire, quante volte un Orisha avrà bisogno di te". 

Poi si rivolse alla corda e disse: "Oga, sei colpevole dello stesso delitto, perciò ti condanno a non riposare mai e dovrai fare tanti lavori quanti gli uomini ne avranno bisogno da te, non morirai mai come volevi, poiché dovrai essere sempre pronto a servire coloro che vorranno farti lavorare". 

Rivolgendosi a Ighí disse: "Ighí, sei stato abbastanza spaventato dall'essere un ghiottone e non obbedire a ciò che ti ha detto Osha, quindi non dirò nulla che ti condanni"

E infine Olofin si rivolse alla figli amata: "Tu, Oyà, che hai salvato la vita di Ighí, hai scoperto la falsità che può esistere tra gli amici e, soprattutto, hai perso la paura nei confronti di Ikú. D'ora in poi sarai proprietaria del cimitero e di tutto ciò che è al suo interno. Mentre Ikú che aspirava a farti sua, mentre schiavizzava Ighí, d'ora in poi sarà tuo schiavo e sarà ai tuoi ordini, per sempre".

E Olofin si ritirò soddisfatto, perché aveva reso giustizia.

Analisi dell'Odun Osà tonti Unle (9-8) 

Osà lofogbeyò per gli amici

Agnello legato al palo, simbolo di tradimento tra amici


Personaggi principali di questo Patakin (leggenda sacra):

  • Ikú: la morte
  • Iguì: il palo
  • Ogá: la corda
  • Abó: l'ariete

Personaggi secondari del Patakin di Osà tonti Unle (9-8):

  • Olofin: il padre, il genitore anziano
  • Oyà: la figlia amata, la creatura che si vuole proteggere ad ogni costo

Siccome ogni passaggio della leggenda è simbolico, possiamo arrivare a dei dettagli che ci dicono cosa sta vivendo la persona che consulta il Diloggun di Orisha:

Si parla dei legamenti d’amore sul assistito o che lui/lei vuole fare.
Si parla della persona remissiva e religiosa (il più delle volte, maschio)
Si parla del desiderio smisurato di scalare socialmente, ad ogni costo (Ikù ne è la metafora)
Si parla di una connessione con il mondo degli spiriti
Si parla della donna irraggiungibile oppure di una persona che diventa una ossessione per il consultante
Si parla della figlia amata da un genitore anziano che non la fa vivere a pieno (può essere anche un figlio maschio)
Si parla delle associazioni a delinquere (gli amici: il palo, la corda e l'agnello)
Si parla delle allergie alimentari (il cocco che non si può mangiare altrimenti mette a rischio la tua vita)

Insomma… tutto in una sola leggenda. Dipende anche da cosa leggiamo nel volto della persona. Ma puoi dedurre dal testo che siamo davanti ad una leggenda di tradimento. L'ariete, la corda e il palo sono tre "veri" amici; ma quando un ariete è legato con una corda ad un palo, sono tre amici che vivono e soffrono. Insieme hanno vissuto, mangiato e dormito, ma sono tre amici che si sono trattati con due facce: con ipocrisia e falsità.

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