Il vodu (o vudu, vodù, vudù) ha 20 milioni di fedeli, presenti anche fra gli immigrati haitiani negli Usa e in Europa, divisi in società autonome, senza gerarchie religiose. Ogni società dispone di un piccolo santuario: a volte basta la casa di un adepto. La gestiscono un sacerdote (hungan) o una sacerdotessa (mambo). Nelle cerimonie si sacrificano galli, persino vitelli, e si cerca di provocare l’entrata di un loa, un dio, nel corpo di una o più persone.
A portare alla diffusione di questa “frattura” delle barriere fra conscio e inconscio nei Caraibi, fu probabilmente la deportazione di schiavi dall’Africa ad Haiti, a partire dal XVI secolo. Il vodu è quindi nato quando gli schiavi provenienti dal Golfo del Benin, sradicati dalle loro famiglie e dai loro idoli, rifiutarono la dura realtà dei campi di canna da zucchero. E si rifugiarono in riti arcaici, come in un simbolico ritorno a casa. Fu anche una reazione al battesimo e ai santi cattolici imposti dai missionari.
Gli haitiani associarono a ogni santo un dio africano, sviluppando il vodu come un misto di contenuti animisti e cristiani. In San Giacomo Maggiore, per esempio, con mantello rosso e con una sciabola in mano, gli schiavi riconobbero Ogun, spirito africano della guerra. Nella vergine Maria, Erzulie, dea dell’amore. Sotto il piede di San Patrizio scoprirono il serpente Damballah, divinità delle origini. Molto originale è anche la visione vudù secondo cui l’individuo ha due anime: il “piccolo angelo buono” e il “grosso angelo buono”. Il primo è legato alle funzioni vitali e con la morte va a riposare nell’oceano delle coste africane. Il secondo migra durante i sogni, la trance, o la pazzia. Nella trance da possessione, il grosso angelo buono cede il suo posto al loa e ritorna nel corpo quando questa finisce.
A portare alla diffusione di questa “frattura” delle barriere fra conscio e inconscio nei Caraibi, fu probabilmente la deportazione di schiavi dall’Africa ad Haiti, a partire dal XVI secolo. Il vodu è quindi nato quando gli schiavi provenienti dal Golfo del Benin, sradicati dalle loro famiglie e dai loro idoli, rifiutarono la dura realtà dei campi di canna da zucchero. E si rifugiarono in riti arcaici, come in un simbolico ritorno a casa. Fu anche una reazione al battesimo e ai santi cattolici imposti dai missionari.
Gli haitiani associarono a ogni santo un dio africano, sviluppando il vodu come un misto di contenuti animisti e cristiani. In San Giacomo Maggiore, per esempio, con mantello rosso e con una sciabola in mano, gli schiavi riconobbero Ogun, spirito africano della guerra. Nella vergine Maria, Erzulie, dea dell’amore. Sotto il piede di San Patrizio scoprirono il serpente Damballah, divinità delle origini. Molto originale è anche la visione vudù secondo cui l’individuo ha due anime: il “piccolo angelo buono” e il “grosso angelo buono”. Il primo è legato alle funzioni vitali e con la morte va a riposare nell’oceano delle coste africane. Il secondo migra durante i sogni, la trance, o la pazzia. Nella trance da possessione, il grosso angelo buono cede il suo posto al loa e ritorna nel corpo quando questa finisce.
Nel vodu esistono feticci e pozioni magiche, ma solo come difesa dalla stregoneria, non ammessa dai rituali e per di più vietata espressamente dallo Stato. Ma sono proprio questi feticci a collegare il vudù di Haiti alle sue origini africane. Lo ha dimostrato una ricerca del Centro studi archeologia africana di Milano. In Togo, infatti, i feticci sono chiamati proprio vodu: sono sculture stilizzate di legno, di argilla o semplici cumuli di terra con una cavità riempita di particolari erbe. Questi oggetti contengono il dio. E ci sono i bo-vodu, i vodu automatici: caricati a dovere da un addetto ai feticci (feticheur) con formule magiche e il sacrificio di galline e vitelli, servono a controllare (o a provocare) malattie ed eventi nefasti.
I vodu del Togo potrebbero dunque essere all’origine della possessione del vodu haitiano, anche se in Africa il dio più spesso si limita a entrare in un oggetto-feticcio. «Ma anche in Togo e in Benin si pensa, per esempio, che in un individuo risiedano più anime. Compresa quella di un antenato, che sfugge così alla morte spirituale. Il compito di identificare l’antenato spetta al sacerdote vudù, detto bokonoh: il riconoscimento dell’antenato avviene di solito da bambini, in base a somiglianze nell’aspetto o nel carattere» spiega Alessandra Brivio, antropologa del Centro studi archeologia africana. «Se ciò non avvenisse, l’antenato potrebbe reclamare la giusta attenzione colpendo con una malattia (fisica o mentale) un adulto che non aveva ancora preso atto della sua importante presenza».
Con l'arrivo della modernità e le esigenze di un mondo globalizzato, l'uso del vodu viene associato alla magia nera. Con tale pratica si può provocare il caos nella vita di una persona, anche con il solo obiettivo di distruggere qualsiasi aspetto della sua vita, si possono creare problemi familiari, tensioni, fobie non necessarie che incidono negativamente sui bambini, si possono creare problemi di salute cronici, distruzione della pace mentale e persino causare morti innaturali in circostanze estreme.
L'uso del vodu insieme alla magia nera non influenza solo le circostanze e le prospettive del futuro di una persona, ma lo priva anche materialmente di tutto ciò a cui era destinato, oltre ai problemi che possono influenzare la psiche della vittima, in modo tale da perdere la forza di volontà e l'energia mentale per uscire dalla situazione sinistra e non desiderare più di continuare a vivere.
Uno degli incantesimi più noti attribuiti al vodu e alla magia nera è quello di trasformare le persone in zombi. Si dice che questo rituale sia eseguito da persone conosciute come “bokor”, uno stregone con la capacità di fare del male.
Tra la popolazione di schiavi in Louisiana durante il XVIII e XIX secolo, l'immagine della magia delle bambole era comune. Bambole arcaiche attaccate con budello di gatto o spago e incollate con spille o lische di pesce sono state scoperte in diverse piantagioni della Louisiana. Alcune di queste forme figurative trovate tra la popolazione di schiavi avevano una sorprendente somiglianza con le stesse bambole africane.
Le bambole vodu erano più che semplici oggetti magici, avevano anche un ruolo psicoterapico. Tradizionalmente, la bambola è stata creata in risposta a esigenze specifiche e si ritiene che abbia aiutato le persone influenzando gli eventi della loro vita per scopi positivi o negativi. Attualmente, le moderne bambole vodu vengono eseguite con un processo di creazione a cui partecipa più di una persona. Ad esempio, l'artista crea la bambola, il mago attiva energicamente l'oggetto utilizzato o una serie di oggetti personali e il cliente lo utilizza.
Ad Haiti, c'è un altro modo di creare la bambola molto più minacciosa. Le bambole di pezza sono create e portate nei cimiteri per attivare il loro potere. A volte queste bambole di pezza vengono portate nei cimiteri e inchiodate su un albero con una vecchia scarpa e un messaggio allegato per agire come messaggeri tra il mondo "reale" e il mondo dei diavoli.
Oggi, a causa della crisi in cui è soggetto il nostro pianeta, molte persone chiedono l'aiuto di presunti stregoni che usano il rituale vodu, benedicendo la bambola e permettendo al proprietario della bambola di comunicare con gli spiriti in un modo diretto, chiedendo aiuto in amore, finanze, questioni familiari, ecc... Ma il problema è che queste pratiche non sono sempre condotte da sacerdoti originali o esperti, ma sfortunatamente non hanno le conoscenze necessarie per gestire questo tipo di energie, ottenendo solo la distruzione mentale, spirituale e in alcuni casi anche finanziaria per le persone che vengono da loro come ultima risorsa per risolvere i loro problemi.
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