Frustrati e orgogliosi, gli orisha si ribellarono contro Olodumare, lamentandosi della sua lontananza dal mondo terreno. “Perché dovremmo obbedire a uno che siede così in alto, senza curarsi di noi?”, dicevano. Il Supremo, offeso dalla loro insubordinazione, decise di punirli e, allo stesso tempo, di insegnare loro una lezione sull’unità. Su loro richiesta – o, in alcune versioni, per testare la loro umiltà – Olodumare ordinò che le piogge cessassero del tutto. “Vediamo se potete governare senza di me”, proclamò.
Oshun Prosciuga le Acque: La Grande Siccità
Oshun, fedele al suo ruolo di custode delle acque dolci, obbedì all’ordine divino. Con un gesto di immenso potere, richiamò a sé tutte le fonti d’acqua potabile della Terra: fiumi, laghi, ruscelli e sorgenti si prosciugarono all’istante, lasciando solo arida polvere e crepe nel suolo. La vita cominciò a spegnersi. Gli animali morivano di sete, le piante appassivano, e gli umani – appena creati dagli orisha – gridavano di disperazione, vagando in cerca di un sorso d’acqua. Il mondo, un tempo rigoglioso, divenne un deserto di sofferenza, dove anche il più piccolo filo d’erba implorava pietà.Gli orisha, ora pentiti, si resero conto dell’errore. Senza le acque di Oshun, la creazione era incompleta e condannata. Provarono a implorare Olodumare, ma il Supremo era troppo lontano nei cieli per udirli. Eshu, il messaggero divino, non poteva raggiungerlo da solo. Fu allora che si rivolsero a Oshun, umiliandosi: “Sorella, aiutaci! Solo tu puoi avvicinarci al Creatore”. Ma Oshun, ferita dal loro disprezzo iniziale, esitò. Alla fine, mossa dalla compassione per l’umanità – che amava come una madre – accettò di intervenire.
Il Volo del Pavone e la Misericordia di Oshun
Oshun si trasformò in un magnifico pavone, con piume dorate e iridescenti che riflettevano la sua bellezza divina. Spiccò il volo verso i cieli, battendo le ali con determinazione. Il viaggio fu estenuante: man mano che si avvicinava al sole cocente, le sue piume si bruciarono e caddero, trasformandola in un’aquila calva, simbolo di sacrificio e resilienza. Esausta e ferita, giunse finalmente al cospetto di Olodumare, collassando ai suoi piedi.Olodumare, commosso dalla sua devozione e dal suo amore per la creazione, la guarì e le ridonò la bellezza. “Hai dimostrato che senza l’armonia del femminile, nulla prospera”, disse. Su richiesta di Oshun, che implorò pietà per gli orisha e per l’umanità, il Supremo permise alle piogge di tornare. Oshun, liberando le sue acque dolci, inondò la Terra di vita: fiumi rigogliosi scorrevano di nuovo, le piante fiorirono, gli animali tornarono a bere, e gli umani danzarono di gioia. Da quel momento, Olodumare nominò Oshun l’unica messaggera tra il mondo terreno e i cieli, colei che porta le preghiere umane al Creatore.
Questa storia insegna l’importanza dell’unità, del rispetto per il femminile e del potere trasformativo dell’amore e della compassione. Oshun non è solo una dea delle acque, ma la “madre delle cose dolci”, che bilancia la creazione con la sua fertilità e la sua grazia. Oggi, nei culti yoruba, santería e candomblé, si onora Oshun con offerte di miele, profumi e danze ai bordi dei fiumi, ricordando come la sua misericordia abbia salvato il mondo dalla siccità.
Nella tradizione yoruba, Oshun è l’orisha (divinità) dell’amore, della fertilità, delle acque dolci e della bellezza, spesso raffigurata come una donna sensuale e potente, custode dei fiumi e dei ruscelli. Olodumare, il Supremo Creatore, l’essere supremo che regna sul cielo e sulla terra, è colui che invia gli orisha per mantenere l’equilibrio nel mondo. Questa leggenda, tramandata oralmente e nei testi sacri come il Corpus Ifa, narra di un momento di crisi in cui il potere di Oshun salva l’umanità, dimostrando la sua indispensabilità e la forza del femminile divino.
È di somma importanza analizzare il significato di questa leggenda quando viene rivelato sulla stuoia il segno oracolare Eyiunle tonti Eyiunle (8-8) ed è proprio il diloggun di Oshun che sta rivelando questo odun. Lei sta chiaramente dicendo alla persona che solo lei può farla prosperare o farla morire.
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