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Pescatore del Benin |
Povero e senza cibo da mangiare, Oggundà fu a pescare nel laghetto di un uomo. C’era anche un altro pescatore senza permesso che buttava in acqua da ore la rete da pesca ma purtroppo non riusciva catturare alcun pesce.
Oggundà buttò l’amo in acqua e dopo qualche istante un pesce enorme tirava la lenza. Lo tirò fuori e felice si compiaceva della fortuna avuta.
L’altro pescatore, preso dall’invidia, si avvicinò a Oggundà per reclamare il suo diritto sul pesce. Doveva consegnarglielo. Erano ore che buttava dell’esca, quindi era stato grazie al suo sforzo che lui l’aveva attirato.
—Quel pesce è mio —disse il pescatore con la rete.
—Ma io l’ho catturato col mio amo —rispose Oggundà.
Non arrivavano ad un accordo. In quel momento arrivò il proprietario del laghetto.
—Il pesce è mio, visto che è mio anche il laghetto.
I pescatori non capirono alcuna ragione e litigarono anche col proprietario. Divenne un caos, persino il filo dei coltelli volava per aria.
Olofin cosciente della gravità dell’accaduto ebbe paura che il sangue macchiasse le acque. Prese il pesce e lo divise in tre parti. Ad ognuno consegnò un pezzo.
Nota: questa leggenda appartiene al corpo mistico e letterario del oddun composto Oggundà tonti Unle (3-8). Invita al consultante a mediare, ad arrivare a degli accordi con i suoi simili per evitare mali peggiori, sia nell’abbondanza sia nella miseria. Questo oddun parla di furto, di tragedie, di intromissioni ma anche di grande fortuna.
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