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Vodu: dominare un uomo o una donna con Santa Marta Dominadora


Questo è il tipico rituale di costrizione che si esegue quando si vuole dominare un uomo o una donna a livello d’amore e di sesso. La pratica è rivolta a Santa Marta
Legamento Vodu con Santa Marta Dominadora

Questo è il tipico rituale di costrizione che si esegue quando si vuole dominare un uomo o una donna a livello d’amore e di sesso. La pratica è rivolta a Marta Ghedè o Marta Guedé, la Dominadora (dominatrice) e va svolta di lunedì, giorno della Division Negra.

Il rituale, naturalmente si esegue al suolo, davanti all’immagine di Santa Marta Dominadora. Prima di iniziare si versa al suolo un po’ di gin per Guede Carfù chiedendo di aprire le porte alla Division Negra. Mettere in un piatto di coccio, sul fondo, la fotografia della persona su cui si intende agire. Sulla foto va scritto il nome completo e la data di nascita. La foto va naturalmente posta rivolta verso l’alto. Sopra vi si versa olio di rose e olio di mandorla. Quindi si appoggia sulla fotografia, faccia contro faccia, la foto della persona che vuole esercitare il dominio (se si esegue il rituale per se stessi vi si metterà la propia foto). Coprire tutto con polvere di caffè e miele, mescolare dolcemente e delicatamente con le dita in modo da formare una sorta di crema scura.

Al centro del piatto mettere una candela figurata rappresentante un uomo (o una donna in ginocchio), unta con gli stessi olii usati per lavorare la fotografia. Se si hanno testimoni della persona si fissano alla base della candela aiutandosi con una candela rossa. Si accende la candela figurata ed attorno al piatto si mettono cinque candele viola. Si accendono e si dice:

”Santa Marta Dominadora ti chiedo di dominare i cinque sensi di (nome della persona) affinché (fare la propria richiesta). Manda lo spirito della Culebra (serpe) da (nome della persona) affinché entri nei suoi sogni e nel suo spirito e gli sconvolga i sensi”.


Recitare l’orazione di Santa Marta Dominadora. Lasciare consumare completamente le candele. L’obra si porterà ad un incrocio nei pressi di un cimitero. Ottenuta soddisfazione ricordarsi di ringraziare Santa Marta Dominadora. 
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I serpenti tenuti in mano da Mami Wata, non sono un simbolo cattolico ma iniziatico, nelle antiche tradizioni africane. In Africa il Serpente è un simbolo divino di conoscenza e di spiritualità, per questo “Santa Marta la Dominadora” è soprattutto colei che conoscendo le regole e i misteri di Dio può agire nel mondo dell’uomo portandone il suo messaggio e manifestandone il suo immenso potere.
Santa Marta Dominadora 

Nel sincretismo afro caraibico Santa Marta e associata alla divinità Mami Wata (sentite l'assonanza col nome Marta Guedè), perché hanno la stessa personalità e la gente ama chiamarla “Santa Marta la Dominadora”, ossia colei che domina e vince, avendo sconfitto il dragone, in tutti i campi dell’esistenza: in amore, sui nemici, sui vizi, sulle passioni, nel lavoro, in campo economico e in ogni circostanza in cui sia presente un’idea di vittoria o di trionfo. Santa Marta è sicuramente una delle sante più note nella devozione popolare. 

Mami Wata (divinità dell'acqua) viene dall’Africa Nera, immaginata come una donna bellissima, dalla pelle scura, che maneggia con sicurezza e determinazione dei serpenti. Il Dragone è il simbolo di ogni difficoltà, ogni problema che, reso mansueto tramite l’intercessione della Santa diviene oltre che sottomesso suo fedele alleato.

I serpenti tenuti in mano da Mami Wata, non sono un simbolo cattolico ma iniziatico, nelle antiche tradizioni africane. In Africa il Serpente è un simbolo divino di conoscenza e di spiritualità, per questo “Santa Marta la Dominadora” è soprattutto colei che conoscendo le regole e i misteri di Dio può agire nel mondo dell’uomo portandone il suo messaggio e manifestandone il suo immenso potere. L’immagine impiegata per rappresentare questa figura non è un’immagine cattolica, rappresenta infatti una donna di colore nell’atto di domare dei serpenti. Al suo fianco la figura di un bambino che con un flauto incanta dei serpenti. Lo stesso bambino che, dice la storia, Marta la Nera salvò da morte certa, nel secolo V, essendo stato aggredito da un enorme serpente.

Ad Haiti invece, Santa Marta la Nera o Santa Marta Dominadora viene associata alla figura di Ayida Wedo o Aida Wedo, un loa del vodu haitiano che ha un ruolo fondamentale nei riti iniziatici di ogni sacerdote poiché l'unica capace di dare al neo sacerdote il collegamento alla riserva di conoscenza mistica ed esoterica di quelli che sono venuti prima di lui, sarebbe un chiave di acceso al supercomputer di conoscenze magiche.

Sarebbe anche la moglie di Damballa (altro loa che viene raffigurato non a caso da due serpenti), rappresenta la ricchezza, la fortuna, il benessere. Come il suo sposo, vive vicino a fiumi e sorgenti, e ha una preferenza per gli alberi di ogni tipo, per il cotone e la seta. Come lui, imita i movimenti della biscia, per altro il suo simbolo è appunto quest'animale color arcobaleno.

Attenzione, stiamo parlando di Santa Marta Dominadora e non di Santa Marta del Dragone. Per maggiore informazione, qui sotto vi lascio l'immagine della Santa cristiana, più conosciuta in Italia e qualche spiegazione che vi farà comprendere quanto sia chiamata anche lei nei casi di riavvicinamento amoroso.


Santa Marta del Dragone
Santa Marta del Dragone 

Marta del Dragone invece è una delle pie donne, forse parente della Vergine, che seguono Gesù durante la predicazione e rimangono vicine a sua madre durante la passione e morte del Redentore: le altre due sono Maria e Maddalena. Probabilmente il passato turbolento di Maddalena, che ha esercitato il meretricio, influisce nel determinare a posteriori i connotati morali di Marta, di cui invece non si sa nulla, per cui anche lei è invocata, come Maddalena, nelle Fatture “ad amorem”. La copia di una di queste Orazioni si trova tra i fondi dell’Inquisizione a Madrid (Archivo Histórico Nacional Madrid, Inq. Sic., leg. 4442/59. Il documento è databile fra la fine del XVII e il XVIII secolo ed è conservato a Madrid fra libros e legajos dell’Inquisizione di Sicilia. Si tratta di un opuscolo scritto in italiano con la qualificazione dei sortilegi “ad amorem, ad odium”, degli amuleti e dei “nomina”) con questa annotazione a margine: «Per far venire gli uomini alla loro chiamata le streghe dicono…»


“Signora Santa Marta,
sei degna e santa,
dal mio Signore Gesù Cristo
desiderata e amata
da nostra Signora la Vergine
ospitata e convitata
per i monti di Torosco (1) entrasti,
un serpente con la barba (2) incontrasti,
con l’hissopo e l’acqua benedetta lo bagnasti,
alla tua santa cinta lo legasti
su di essa salisti e cavalcasti,
alla porta del re giungesti,
ai pagani dicesti:
- Pagani, guardate qui vi porto la barba serpente
che mangiava di giorno e uccideva
così come è vero,
lega impedisci e rilega;
così com’è vero,
portami qui ciò che chiedo”.


Nella prima parte l’Orazione contiene elementi comuni alle altre formule magiche e si presenta in forma di preghiera a Cristo e alla Vergine. Si fa riferimento anche all’hissopo, erba sacra e medicinale, la cui presenza nell’Orazione indica la richiesta di guarigione dal mal d’amore. La seconda parte contiene un elemento eretico: invece di appellarsi alle virtù della santa, come comanda la ritualità della Chiesa, fa riferimento ad un fantastico episodio, una leggenda popolare in cui è protagonista un serpente, da sempre immagine di Satana e della sessualità; inoltre, vi è inserita un’espressione magica sul potere di “legare”: «lega impedisci e rilega». Basta questo perché i giudici vescovili o del Sant’Uffizio romano e spagnolo procedano all’incriminazione per magia. L’Orazione ha una versione blasfema, che nei documenti madrileni è così trascritta:


“Marta, Marta,
alla cattiva dico,
e non alla santa:
a quella che per l’aere va
che si incatenò
e per cui nostro padre Adamo peccò
e tutti pecchiamo;
al demonio del sedile di casa,
a quello del risedile,
a quello della portineria,
a quello che scioglie l’incatenato,
a quello che accompagna l’impiccato,
al diavolo zoppetto,
a quello del macello
a quello della carnezzeria,
che tutti insieme vi uniate
e nel cuore di (Nome) entriate,
e guerra e sangue e fuoco gli diate,
che non possa fermarsi
finché non venga a cercarmi.
Demonio zoppetto,
portamelo subito;
demonio del potere,
portamelo incatenato.
Marta, Marta,
non la degna né la santa;
quella che allontana gli sposi,
quella che unisce gli amanti,
quella che va di notte per i crocevia,
io ti scongiuro
con tal e tal demonio
e con quello della carnezzeria,
che tu mi porti (Nome) al più presto
o mi faccia sentire uomo che parla o maiale che latra”.

Il rito che accompagna l’Orazione è descritto dai testimoni del processo contro la strega palermitana Beatriz Roma (processo del 1648; Beatriz è condannata a portare durante l’autodafé le insegne di strega, alla gogna e a essere reclusa tre anni nelle carceri dell’Inquisizione - Archivo Histórico Nacional Madrid, Inquisizione Sicilia, libro 902, foglio 218 verso): la donna, stando in piedi, nuda, con la camicia rivolta sulla testa, rivolge anche un’orazione alle Anime dei condannati a morte per decapitazione, dette in Sicilia «Anime sante dei corpi decollati». I comportamenti cultuali sono simili a quelli modenesi, descritti dagli inquisitori nel processo del 1600 contro Domenica dei Cavalazzi. A Modena, per recitare l’Orazione, occorreva comprare una libra d’olio a nome dell’innamorato e del gran Diavolo, rubare un po' di corda da un campanile, farne uno stoppino con cui accendere una lampada, nascondendo il tutto in un armadio chiuso. Camilla di Novellara, ad esempio, prescriveva di fare un cerchio con la cenere calda facendo una croce in mezzo a quel cerchio e tenendo poi la lampada sopra di esso. Questa Orazione si dice in ginocchio per nove mattine a digiuno con nove Paternoster e Avemarie. Oppure si dice per nove volte nel tramontare del sole, ovvero la mattina alla buonora con una candela benedetta accesa in mano, a lode e reverenza di Santa Marta, che esaudisca quanto si domanda.

L’Orazione è definita dagli inquisitori «invocatio expressa demonum cum commertio et pacto demonum», qualificazione molto severa, motivata da precisi riferimenti al diritto penale inquisitoriale. Nel documento madrileno essa è qualificata: «sortilegio superstizioso di vana ed eretica osservanza. La qualità di superstizioso gli si attribuisce per il modo e le circostanze con cui si prega la Santa. La qualità di vano gli compete perché tutto ciò che contiene è vano e sproporzionato ed è fatto per sottomettere la volontà umana e per altri fini simili. La qualità di eretico risulta perché “sapit heresim manifeste” in quanto l’invocazione dei Santi, l’uso di cose sacre, il culto a Dio e ai Santi, la recita di Paternoster e Avemaria può farla solo la Chiesa, mentre qui è fatta per scopi illeciti e malefici, specialmente per privare del libero arbitrio e per fare cose false a Santa Marta».

Un'altra orazione di comprovata efficacia diretta a Santa Marta del Dragone per riconquistare l'essere amato è la seguente:

"Santa Marta Vergine a te accendo questa candela e, 
come la fiamma consuma il sacro olio, io ti prego.
Ti accendo questa candela affinché tu guardi le mie necessità, 
soccorri le mie miserie e vinci tutte le difficoltà 
come vincesti la bestia feroce che attentava ai tuoi figli 
perché a te non è impossibile. 
Dammi sorte e denaro per coprire le mie miserie 
e le mie necessità così, concedimi madre mia che ........(Nome dell'amato) 
non possa stare e resistere senza pensarmi, senza cercarmi così, 
Madre mia, concedimi quello che ti chiedo 
per alleviare le mie pene, per amore di Gesù. 
Santa Marta Vergine che andasti al mondo, 
con il tuo coraggio la belva feroce spaventasti, 
con la tua cintura la calmasti e con la tua veste l'ammansisti così, 
Madre mia, se questo è vero concedimi che...(Nome dell'amato) 
ritorni e mi pensi sempre: che non stia tranquillo ne possa riposare 
sino a quando da me non torni con i suoi piedi. 
Santa Marta ascoltami e fa si che io ottenga ciò. Amen".

––––––––––––––––––

(1) Secondo la leggenda, Marta di Betania e sua sorella Maria, raggiunsero le coste provenzali nell'anno 48 per sfuggire alle persecuzioni in patria. Approdarono nella Camargue, dove oggi sorge Saintes-Maries-de-la-Mer. Tale zona era infestata dalla Tarasque, un mostro che devastava le campagne circostanti e la cui tana era situata nel letto del fiume Rodano. Venne ammansito da Santa Marta con le preghiere: ad ogni preghiera il mostro diventava più piccolo fino ad arrivare a dimensioni tali da risultare innocuo. Marta lo condusse allora nella città di Tarascona dove i cittadini terrorizzati lo uccisero. Ancora oggi la morte della Tarasque è celebrata a Tarascona l'ultima domenica di giugno. Sempre secondo la leggenda fu la Tarasque a dare il proprio nome alla città.

(2) E’ un mostro mitologico che, secondo la leggenda, avrebbe devastato la Provenza, una regione francese. Nell'iconografia popolare la Tarasque ha sei zampe tozze e robuste, il corpo coperto da una solida corazza simile a quella di una tartaruga con sopra una cresta e vari aculei ossei. La lunga coda squamosa si conclude con una protuberanza cornea a forma di punta di lancia, mentre la testa è quella di un leone.

Bibliografia:
- “La circolazione clandestina dell’orazione di Santa Marta”, di Maria Pia Fantini.
- “Inquisitori, negromanti e streghe nella Sicilia moderna (1500-1782)”, di Maria Sofia Messana.

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