Il rapporto che si crea tra il sacerdote della santeria ed il suo orisha tutelare è basilare per lo sviluppo del potere magico (ashè) e della chiaroveggenza. É una specie di solidarietà che va sostenuta principalmente dalla parte del sacerdote, con iniziativa e creatività. Il sacerdote non ha la prerrogativa di ottenere l'immediata attenzione di quel orisha, visto che lui non è l’unico sacerdote in vita. Al momento della iniziazione lui ha ottenuto dal orisha parte del suo ashe, un piccolo seme, che va coltivato nel tempo. Ma se rimane un semplice adoratore dell’immagine oppure crede che abbia ricevuto un soprammobile con dei poteri soprannaturali, sbaglia.
L’orisha che viene consacrato nella carne, nel sangue e nei sassi del ricettacolo magico è una garanzia di salute ma non solo. Se si vuole attraversare il sottile confine tra una esistenza ordinaria e quella dove abbiamo un alleato quasi omnipotente che legge nella nostra mente basta conquistarlo come si fa con uno sconosciuto fino a diventare amici inseparabili.
I metodi per allineare i nostri pensieri e desideri a quella frequenza in cui l’orisha riesce a rimanere sintonizzato variano da persona a persona. Ed è tanto semplice come dare un bacio, dire un grazie u offrire una carezza. Basta provarci finche quella divinità a cui ci si è dedicati con devozione ci da una risposta.
Se sei sacerdote di Yemayá prova a coinvolgerla nelle vicende di casa, nella scelta del menu per la cena, nel assaggio dei vini. Se sei sacerdote di Oshùn prova a dormire con le sue pietre avvolte in un panno profumato alla rosa sotto il tuo cuscino. Se sei sacerdote di Elegba prova a portarlo con te ovunque tu vada come faresti con tuo figlio minore.
Poi fatemi sapere.
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